Uno spazio dedicato ai libri consigliati, anche per i temi trattati. Uno spazio che ospita recensioni di libri di scrittrici e scrittori emergenti, e non solo. Perchè la cultura e la lettura libera restano il migliore antidoto all’indifferenza.
Buona lettura!

“Il cuore dell’isola”
[di Pina D’Alatri, già docente e critica letteraria per riviste e testate giornalistiche]
Il romanzo di Salvatore Curtò “I figli di Nessuno” C. E. Armando Siciliano Editore, Civitanova Marche 2022 pag. 269, si può definire una “tranche de vie”, cioè un itinerario interiore complesso e difficoltoso, percorso da un giovane di eccellenti capacità, con spiccati interessi culturali e grandi doti morali. Intorno a lui urge un mondo variegato e contraddittorio: colto e vivace ma anche stereotipato ed immobile. Da un lato, persone oneste e laboriose, dall’altro, parassiti sociali e gente malavitosa.
La crescita culturale e sociale del giovane non è facile ma la sua determinazione è somma, non mancano tuttavia le difficoltà economiche che egli cerca, in qualche modo, di affrontare e di risolvere, anche con l’aiuto della sorella, personaggio di grandissimo rilievo. Egli vuol diventare medico, lo sarà e s’impegnerà con tutto se stesso in questo compito così importante, allontanandosi da luoghi a lui cari ma poi facendovi ritorno. Nel pullulare dei personaggi, hanno maggior rilievo le figure semplici e genuine: figure umili e caritatevoli che s’impegnano per il bene della collettività. Rilevante anche la funzione dei Religiosi(preti e frati) che diffondono la loro dottrina di umiltà e d’amore universale. Fondamentale il ruolo delle donne, sempre presenti e pronte a soccorrere il prossimo in difficoltà ed in ambasce. Di contro, un mondo ammorbato dalla violenza scatenata dal potere e dall’avidità sollecitata dalla brama di denaro. Il testo sembra ispirarsi ad una parabola evangelica: contro il male del mondo che fa leva sul denaro sulla violenza, c’è il bene e la volontà di rendersi utili agli altri, seppur con il sacrificio di sé. Il romanzo è dicotomico,quasi una parabola sociale in cui, da un lato, operano persone benemerite, impegnate ed eroiche, dall’altro crapulano e si arricchiscono personaggi biechi e privi di moralità, come Totò Riina.
Il romanzo raggiunge alti livelli di scrittura e di analisi psicologica. Da un lato, induce alla riflessione, stigmatizzando gli atteggiamenti violenti e prevaricanti, dall’altro all’ emulazione, esaltando l’equilibrio, la buona volontà e l’amore per il prossimo. Bellissimi ed accattivanti i paesaggi: Messina e la sua provincia risultano luoghi maliardi pieni di promesse e di fascino, Milano, nella sua imponenza, appare un grande centro di potere e di denaro. Il messaggio celato nel testo si decripta solo a conclusione della lettura: far del bene è una gioia maggiore per chi lo fa che per colui che lo riceve. Il paesaggio fa da cornice alla storia da sud a nord e viceversa, vicende e personaggi collocati in realtà geografiche differenti, risultano simbiotici e mossi dal senso del dovere, dall’amicizia e dal rispetto. Così anche per le gerarchie sociali e religiose. Le donne hanno un ruolo determinante nella vicenda, compagne, madri e mogli che siano. Il linguaggio usato dallo scrittore non esclude, talvolta, una commistione tra vernacolo e lingua nazionale. Bellissimi i paesaggi che fanno da sfondo ad amori intensi ed ad incontri focosi. Il messaggio raccolto dal lettore è catartico e consolatorio: il romanzo assolve in pieno la funzione di “parabola sociale”.

“La terra madre”
[di Pina D’Alatri, già docente e critica letteraria per riviste e testate giornalistiche]
Il gran numero di personaggi, di ambienti e le diverse ideologie fanno di questo ponderoso volume, un saggio in cui si intrecciano strettamente vicende umane e dottrine politiche. “I Mandarini di Ciaculli” di Roberto Tagliavia (2022 Zolfo Editore, Milano pag.808) è un memoriale che ha al centro un personaggio fortemente ideologizzato ma anche dotato di grandi capacità critiche ed analitiche che gli consentono di raggiungere primari obbiettivi, senza piegarsi di fronte alle difficoltà ed alle prevaricazioni.
Il testo è, quindi, insieme sia un saggio storico politico che un romanzo di formazione. In realtà, ad un lettore attento non sfuggono le profonde motivazioni socio culturali e storiche che lo supportano. Il romanzo, pur ancorato ad una dottrina politica ben evidente, non è monocromo ma assorbe e dispiega i fermenti culturali, sociali e politici del tempo che attraversa. In ogni caso la visione che se ne ricava, è universalistica sui grandi valori dell’umanità, tenendo conto però delle devianze che attraggono i più fragili ed i più corrotti. L’io narrante ripercorre la sua vita e quella della sua famiglia, attraversando i luoghi che fanno da cornice e da sfondo alla vicenda. Il percorso si snoda dalla casa palermitana alla villa di campagna, al centro della tenuta detta “La Favarella”, costruita dal conte Salvatore Tagliavia, importante proprietario terriero ed armatore, già sindaco di Palermo. La prima è situata vicino alla dimora dei principi di Trabia, in una zona di grande rilievo storico.
I bombardamenti del 1943 avevano danneggiato la strada limitrofa ed anche molte abitazioni e molti monumenti di rilievo storico ed artistico. Capostipite il nonno Paolo che aveva sposato una donna inglese Muriel dalla quale aveva avuto tre figli: Vittorio, Diana e Philip John. Vittorio con la moglie si stabiliranno a Palermo dove aveva sede l’agenzia di famiglia, fondata dal nonno. Muriel sarà affascinata da Palermo, dalle sue chiese splendide, dai monumenti storici, da quella sensualità e voglia di vivere che è quasi palpabile. Per i giovani Tagliavia appare subito evidente che la storia ha due percorsi ,quello dei comunisti e quello dei cattolici. Sono periodi di scontri violenti, la crisi economica è incalzante da ciò un collegamento tra la vecchia aristocrazia e la nuova mafia mentre gli apparati pubblici sono imboniti con promesse di notevoli miglioramenti economici. L’ Italia appare a due binari: un Nord operoso ed adamantino, un Sud becero e truffaldino. Negli anni ’50 l’Italia appare a due binari: un Nord operoso e leale, un Sud becero e truffaldino. Le tensioni belliche non mancarono in questi anni ma l’elezione in America di un presidente democratico (Kennedy) placò gli animi. Allentarono la tensione le parole di Papa Giovanni XXIII e quelle di Kruscev. Erano personalità di formazione diversa ma capaci di condurre un sereno colloquio di pace. Gli anni ’60, in realtà, consentono all’io narrante di poter fare un passo avanti. Lo scontro con la mafia diventa un “vis a vis”. La contrada di Ciaculli con il feudo di Favarella e con altri fondi sono stati dati in affitto ,dietro le loro pressioni, ai Greco, una famiglia mafiosa” in grado di farsi rispettare in quei luoghi. L’impresa non è facile: il Papa (Michele Greco) e suo fratello (Salvatore) sono personaggi mafiosi, capaci di tutto pur di raggiungere il loro scopo . Nel 1963, a Dallas viene ucciso, il presidente americano, John Fitzgerald Kennedy. La fragilità della grande potenza americana comincia a divenire evidente, si spegne la speranza in un mondo migliore. E’ il momento di costruire una grande petroliera, però, proprio, da qui inizia il degrado economico della famiglia:i conti sono sballati per la cattiva gestione, l’attività risulta poco redditizia a causa dell’invecchiamento delle navi e della scorrettezza e sleale concorrenza. L’avvocato Gioia che dovrebbe curare gli interessi della famiglia, si rivela infido e legato strettamente alla mafia. Quando muore lo zio conte, avvengono le spartizioni dell’eredità, tuttavia i debiti dell’agenzia sono così lievitati da precludere qualsiasi speranza di miglioramento economico.
Il funerale non si svolge con un grande apparato e con un corteo adeguato all’importanza del defunto ma con molta sobrietà. Tra gli eredi è tangibile il clima di sospetto e di malevolenza. La famiglia più danneggiata è quella di Roberto Tagliavia, l’io narrante del romanzo. Il lettore entra nei meandri della politica e della finanza, in una città pervasa dal desiderio del potere e dalla brama
del denaro, mentre la mafia si consolida sempre di più. Il narratore interno rievoca le vicende salienti della famiglia, come fosse un asettico osservatore. Fa da sfondo Palermo con tutta la sua opulenta bellezza che, tuttavia, non riesce a celare le lesioni interne provocate dalla mafia, cancro infestante della città superba per la sua avita bellezza. Roberto ama la sua città, s’impegna per migliorarla. Duplice il suo obiettivo: impegnarsi politicamente per migliorare le condizioni della città e recuperare i beni perduti della famiglia.
Egli s’impegna quindi per recuperare i terreni di proprietà della famiglia ma in possesso, ormai, della mafia.
Lo “scippo” subito non può essere più tollerato. I terreni di Ciaculli saranno recuperati, in quanto antiche coltivazioni radicate sul territorio, anche il fondo di “Favarella” sarà riconquistato. La mafia questa volta è risultata perdente.

Natura ed arte: “Una simbiosi di bellezza”
“All’ombra dell’oleandro rosa” di Elena Ungaro
[di Pina D’Alatri, già docente e critica letteraria per riviste e testate giornalistiche]
Il romanzo di Elena Ungari tende a sottolineare, fin dall’incipit, due aspetti fondamentali del testo: la ricerca del divino nel mondo della natura ed una ricerca di sé che la protagonista Vicky conduce, per emergere da un mondo soffocato dalla melma dell’egoismo e dell’indifferenza. Queste finalità indurranno quest’ultima a percorrere sia un itinerario naturalistico in luoghi misteriosi, quasi inviolati e spesso perturbanti ma anche un itinerario dell’anima. La Sicilia diventa luogo di rigenerazione, luogo di riflessione, luogo in cui religione e mitologia si sfiorano. Il simbolo che aiuta a decriptare il testo è proprio “l’oleandro rosa”, un albero lussureggiante nei colori ma,nello stesso tempo, proprio di un habitat modesto. E’ un mondo semplice e puro, quello che la protagonista, la pittrice Vicky cerca: un mondo in cui ritrovare quel sé perduto, schiacciato sotto un piede indifferente. Ella fa appello, con tutte le sue forze, al lettore “navigante” e gli rivela un segreto per sopravvivere “alle maree” del mondo: “un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene”, “l’altro sopra agli occhi per godersi la vastità dell’orizzonte”. Vicky, con il suo pennello, saprà riprodurre un mondo reale, un po’ appannato dalla commozione ma limpido e pulito; ha trovato una panacea nella bellezza che appaga l’anima e concede una rinascita. La Sicilia diventa un banco di prova per la sua crescita artistica ed umana; ella deve rigenerarsi, deve ritrovare il filo della vita che si è spezzato temporaneamente: in Sicilia tutto è possibile. Biagio e Rosetta, due onesti e generosi siciliani, aiuteranno la giovane inglese a ricostruire il suo io ed a consolidarsi. Ella riprende il pennello e ricostruisce il suo immaginario: saprà rendere, nelle sue tele, la magia dei luoghi ed il loro messaggio universale. Biagio, il suo mentore, la rende edotta e lei decide di andare alla ricerca di quei luoghi affascinanti di cui lui le ha parlato. Da Taormina si sposta a Siracusa, per ritrovare la Fonte Aretusa ed il Fiume Alfeo che desidera riportare sulle sue tele. Le “fauli” di Biagio sono innumerevoli e confortano la sua solitudine. Anche Richard le ritorna nei pensieri e le basta una sua telefonata per porla in tentazione ma, in realtà, è proprio Biagio, di nuovo, a salvarla: Richard verrà dopo, lei deve recuperare il bello e trasmetterlo agli altri. Il suo è un percorso catartico, Biagio ha luogo dentro di lei: l’oleandro rosa testimone di tanti colloqui, non può parlare ma Victoria ormai è cresciuta e sa che Biagio, anche da un mondo lontano, sarà il suo mentore. La mostra dedicata a lui avrà il successo che merita, Victoria è ormai cresciuta, è ormai una donna che sa scegliere e capire. La panchina, sotto l’oleandro rosa, non sarà mai più vuota, basterà guardarla bene per ritrovare il sorriso di Biagio.

“Nell’aria, stanotte” di Tina Taliercio
[di Pina D’Alatri, già docente e critica letteraria per riviste e testate giornalistiche]
Nell’aria, stanotte (Graus Edizioni, Napoli 2022 pagg. 189), è un interessante e poliedrico romanzo della scrittrice partenopea Tina Taliercio. L’autrice che è anche traduttrice, redattrice e pubblicista, affronta una complessa tematica: quella del ruolo della donna in una società spesso offuscata da pregiudizi e pressoché insensibile di fronte alle forti tematiche femminili.
Il testo pullula di personaggi che si intrecciano, incontrandosi e scontrandosi in un mondo competitivo e vorace. Il “fil rouge” che lo assembla è quello della contraddittorietà del mondo contemporaneo, conturbato da un forte malessere esistenziale. Gli spunti meditativi sono molteplici e spesso tali da indurre il lettore a voler approfondire meglio le varie tematiche emergenti. Il tema di fondo che si coglie, dopo una lettura molto minuziosa, è che solo la solidarietà fra gli uomini risulta un’arma vincente poiché non attacca né di taglio né di punta. La linea che separa il bene dal male, è curva e non sempre ben definita. Il malessere che offusca l’animo ne è la causa più rilevante. Gli psicologi lo definiscono “mal di vivere” ed i Francesi “ennui”. I numerosi personaggi che animano il testo sono per lo più sfaccettati, duplici, contraddittori e tarati ma non mancano individui puri e generosi che fanno dono di sé agli altri, senza nulla chiedere. Uno di questi è la protagonista del libro: Lisa, una giovane curiosa, attenta, desiderosa di conoscere, di sapere e di dare agli altri il meglio di sé. Conrad, ombroso e dissociato, mira a plagiarla, ad usarla come oggetto di piacere per soddisfare i suoi biechi istinti, senza attribuirle alcun valore se non quello di “donna da letto” da tradire e vilipendere.
Scappa dalla vita di lei, cercando un altro oggetto del desiderio, ne rientra solo per tormentarla e per reclamare una paternità che non dovrebbe competergli. Lisa può fare a meno di lui, ha una famiglia alle sue spalle, pronta a proteggerla, ad accogliere il nuovo nato condividendo con lei ogni sorta di necessità. La mamma, il patrigno, il fratello, la cognata: un mondo che si alimenta di amore, di rispetto e di abnegazione. Ella ha anche molti amici che la stimano e qualcuno che la ama in silenzio. Non mancano le difficoltà e talvolta anche le incomprensioni ma Lisa trae forza modellandosi sulla madre, donna di encomiabili virtù e sul marito di lei, Jeremy, che affronta con dignità e coraggio il fine vita.
Il messaggio del libro, a questo punto è molto forte. Gli sbandamenti, la noia, il sesso, la brama di denaro, tutto è annullato dalla ferrea legge della natura: la morte è dietro di noi, pronta a ghermirci. L’autrice affida a Lisa il compito di fare da banditrice dei valori che sostengono quel carrozzone sgangherato che è la vita. Ella imparerà a scegliere, per lei e per il figlio, le persone capaci di amore e di solidarietà. Ricostruirà la sua vita con chi le è più affine per carattere e per cultura. La scuola della vita le ha insegnato a discernere e a non fidarsi delle apparenze.
Il messaggio dell’autrice induce a profonde riflessioni etiche; le tematiche trattate sono moralmente profonde. I paesaggi mozzafiato che focalizzano realtà geografiche diverse, tendono ad evidenziare come il mondo, anche a latitudini differenti, sia sostanzialmente simile. Trionfa il bene, solo se la volontà degli uomini ne è predisposta. Anche i paesaggi inducono ad una profonda riflessione sul divino. Nella postfazione fa capolino l’autrice che conduce i lettori all’interno di luoghi diversi ma non divergenti e tutti di grande fascino. Il messaggio finale si focalizza su un argomento spinoso, doloroso ed alienante: la morte indotta. “Solo nell’oscurità puoi vedere le stelle” (Martin Luther King JR).”
😀 Ora si può commentare! Due lunghe recensioni molto interessanti ed esaurienti. Due libri che meritano di essere letti.
Bel pomeriggio
Allora, buona lettura!
E a rileggerci 😊😉
certamente.