L’Aquila, la regina ancora sfregiata – La Lente in pillole

Decine di gru che svettano verso il cielo e sovrastano la città. L’Aquila, soprannominata ‘Regina degli Appennini’, si fa riconoscere così, da lontano, a chi arriva. E con dignità e tenacia silenziose, tipiche del popolo abruzzese, apre accogliente le sue porte. Palazzi nascosti dalle impalcature, da cui di tanto in tanto escono operai e brillano schegge di un saldatore, annunciano che si è arrivati in un cantiere, uno probabilmente tra i più grandi d’Italia. Una città-cantiere che, a sette anni dalla tragedia del terremoto che l’ha distrutta e in cui persero la vita 309 persone, lotta per mantenere la sua identità e per salvare un patrimonio storico e culturale che non appartiene solo agli aquilani ma al mondo intero.
Il centro storico, fulcro non solo commerciale ma anche abitativo della città, è ancora spopolato. Tra palazzi ristrutturati, ma spesso vuoti, e altri dove i lavori proseguono, spiccano i tanti, troppi, edifici puntellati. Sorretti da protesi di legno e di ferro che hanno mantenuto congelati gli anni del post terremoto. Palazzi sfregiati e mutilati che si affacciano su strade accessibili ma silenziose, o altrimenti chiuse perché a rischio.

La quotidianità a L’Aquila, nel suo cuore pulsante, la tengono viva i pochi esercizi commerciali che hanno riaperto. Ristoratori, per lo più, una farmacia e pochi altri. Uno di loro racconta la paura rivissuta in questi giorni di scosse e terremoti nel centro Italia: “La scossa di qualche giorno fa è stata tremenda – ricorda con gli occhi lucidi di emozione – Era iniziata piano, e pensavo fosse finita. Invece, è andata aumentando di intensità. Non avevamo avvertito una scossa simile neanche quando abbiamo vissuto il terremoto qui a L’Aquila”. E poco distante da quelle strade, con ancora ai margini accatasti mucchietti di detriti e san pietrini, c’è un’oasi di normalità: il parco con il Forte Spagnolo. Lì, lontani solo qualche centinaio di metri dai cantieri, il dolore si affievolisce: le voci gioiose dei bambini, rivolte al futuro, e l’abbaiare dei cani che socializzano e giocano aiutano questa comunità a restare unita.
Il ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, Luca Galletti, ieri rivolgendosi agli sfollati delle località distrutte dagli ultimi terremoti ha detto: “L’emergenza finirà, quando finirà la ricostruzione”, prendendo anche l’impegno di uscire da questa condizione. L’Aquila, sette anni dopo, è ancora in emergenza con i suoi cittadini traslocati nelle new town e in attesa di vedere risorgere i palazzi fantasma della città. Palazzi antichi, alcuni con vincoli architettonici, certo. Ma che possono essere ricostruiti e restituiti alla città. “Quando crolla un bene culturale, anche le sue macerie sono beni architettonici – spiega un esperto di tutela dei beni culturali – Ogni pezzo è prezioso e permette la ricostruzione”. Speriamo solo non passino altri 7 anni.

Il reportage fotografico completo è visibile qui.

17 Pensieri su &Idquo;L’Aquila, la regina ancora sfregiata – La Lente in pillole

  1. Io purtroppo non credo più a queste boutade d’effetto. In queste ore tristemente si stanni ripetendo. Se vieni a fare qualche giro per Napoli, angora ci sono impalcature di 36anni fa. L’esempio drammatico de L’Aquila, poi calza a pennello!

    • L’Aquila deve essere da esempio infatti. Un esempio di come si possa abbandonare a se stessa, spenti i riflettori, una città colpita dalla tragedia del terremoto. E non è la sola, appunto. Verrò sicuramente a Napoli. Grazie Lois.

  2. Leggendo l’ articolo si evince chiaramente il dramma umano dei
    residenti e la tenacia degli stessi mai privi di speranza nel domani. Tutto ciò, nonostante i recenti eventi. In questo squallore,
    brilla, come la luce di un faro nella buia notte, il vociare dei bambini e l’ abbaiare dei cani che ci ricordano che , nonostante tutto , la vita
    continua !. Una riflessione , infine, noi siamo i custodi dei tanti tesori storici , che costituiscono la nostra vera ricchezza, non nostra, ma dell’ umanità TUTTA !
    Questo dovrebbe essere sottolineato , come un mantra, ai ” buro
    crati ” europei che per altri motivi pretendono da noi un insensibile
    rigore economico , persino in questi tragici momenti!!!.
    Facciamo sentire la nostra voce FERMA ed UNANIME all’ Europa intera …. Anzi… al Mondo intero!! nell’ interesse di TUTTA
    l’ Umanità !!!.

  3. Sicuramente i beni architettonici rallentano l’opera di ricostruzione ma è accaduto troppo spesso che anche dove non c’erano vincoli culturali ci sono stati colpevoli ritardi. Purtroppo la gestione del denaro pubblico è un punto dolente e nemmeno nei terremoti la classe dirigente mostra un’umanità che evidentemente non possiede.

    • Parlando di umanità non può che tornarmi alla mente le risate via telefono, dopo il terremoto proprio a L’Aquila, di chi iniziava a speculare sulla tragedia. Quella dei beni con vincoli architettonici inoltre può essere certo la spiegazione ai tanti ritardi in tutta Italia. Grazie e e rileggerci, Daniele.

  4. L’Aquila è il classico esempio da non seguire. Anzi è l’esempio da produrre, quando l’ego smisurato di qualcuno ha deciso di creare le famose new town. Sembra di assistere al dramma del Belice.

  5. Pochi giorni dopo i tristi eventi ci si dimentica della dura realtà. Le persone hanno perso tutto, nel caso de L’Aquila anche persone care, ma al di là di proclami, raccolte fondi (chissà se poi questi arrivano a destinazione) poco o nulla si sa di quel che succede.
    Ben vengano gli articoli come i tuoi, Anna, grazie.

    • Proprio oggi pensavo ai riflettori spenti su Amatrice, su Norcia e le altre L’Aquila in giro per l’Italia. Poco dopo la tragedia, quel dolore resta un fatto privato. Invece non lo è affatto. E tutto continua ad andare avanti nel silenzio. Grazie del tuo contributo intanto Stefano.

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