tesserino giornalista

Diritti in Ordine

Ho pagato. Oggi, con instancabile puntualità, ho consegnato 108 euro – cento otto euro – al Mio Ordine dei Giornalisti del Lazio. La quota associativa, richiesta annualmente, per non esercitare da abusivi la professione di giornalisti. Ho pagato, e da oggi sono nuovamente giornalista o almeno posso di nuovo dire di esserlo.

Lo sono anche da precaria o disoccupata. Lo sono anche dopo che un giornale che riceve fondi pubblici per l’editoria, come “La Discussione – Quotidiano fondato da Alcide De Gasperi” (chissà cosa ne penserebbe De Gasperi del suo giornale, oggi), mette alla porta i collaboratori esterni per “scelte economiche superiori”. Lo sono anche quando chiedendo sostegno e solidarietà al Mio Ordine ricevo significativi silenzi. O quando mi sento dire che i liberi(!) professionisti della categoria non hanno diritto all’assegno di disoccupazione. E lo sono anche quando mi concedo il lusso di pensare che per il Mio Ordine sono, al momento, una collega da sostenere. Come è successo oggi.

E allora perplessa ma speranzosa per necessità, telefono agli uffici del Mio Ordine e al secondo tentativo (fallito il primo, nonostante la voce registrata suggerisse quasi ironicamente di “restare in attesa per non perdere la priorità acquisita”) finalmente riesco a sciogliere ogni dubbio.

Io: “Buongiorno, vorrei avere un’informazione. Per un giornalista disoccupato sono previste riduzioni sulla quota annuale dell’iscrizione?”

OdG Lazio: “No. Solo per i pensionati.”

Solo per i pensionati, solo per i pensionati… I Pensionati, giornalisti.

Ma sì, è giusto che abbiano diritto ad una riduzione, uno sconto. I pensionati sono una categoria debole, per antonomasia, direte. Eppure tanti giornalisti pensionati, rimasti spesso liberi professionisti, continuano a lavorare nelle redazioni di tanti giornali e vengono pagati per impreziosire con la loro firma quel giornale. In sostanza degli sponsor che attirano lettori, il più delle volte. In ogni caso, ex lavoratori che occupano spazi e risorse che potrebbero essere messi a disposizione di colleghi in età lavorativa. Ebbene, sono loro l’anello debole di una categoria che conta i più alti livelli di precariato e che dà il suo forte e silenzioso contributo ad ingrandire le sacche di disoccupazione. Pur non volendo fare una, solo apparente, guerra tra deboli, il confronto è spiazzante. C’è chi paga per restare aggrappato ad un progetto, che alcuni romanticamente chiamerebbero un “sogno”, e per poterlo fare vedendosi riconosciuti, a volte, solo la dignità di quel titolo. C’è chi paga per avere il diritto di continuare a scrivere, con una pensione alle spalle, e farlo sentendosi chiamare “Giornalista”. E’ l’Ordine delle cose.

Io ho pagato. Almeno finora.

42 Pensieri su &Idquo;Diritti in Ordine

  1. Cara Anna,
    questa è una delle purtroppo numerosissime ingiustizie di questo povero paese malato.
    Hai ragione, sono moltissime le firme di pensionati, anche di rango altissimo, che riempiono i quotidiani italiani, mentre ai giovani assicurano solo prezzi stracciati.
    Mentre i pensionati, hanno usufruito di un regime pensionistico favorevole, assai favorevole, ed hanno, molto spesso, laute rendite perpetue, ai giovani non viene lasciato spazio e si occupa anche quello dei sogni, del futuro, della vita.
    Temo – così ho detto una volta a mio figlio, e non so seguire bene il mio stesso ragionamento che si stende fra bene e male – che dobbiate arrabbiarvi, prima o poi, e prendervi in mano l’Italia.
    No, forse, il Mondo.
    Ma so anche che suonano come parole sinistramente vuote.
    Cosa vuol dire?
    Non so bene.
    Ma so che qualcosa di vero ci sta.
    Vedremo vivendo.
    Intanto, ti saluto… da lettore di questa pagina.
    Pierperrone

    • Grazie delle riflessioni. Che peraltro condivido. La confusione che dice di provare nel pronunciarle è simile a quella che prova chi si confronta con realtà quotidiane contraddittorie. E ci sono vicende che, per un perbenismo di categoria, non si fanno venire a galla. Ma sono uno spaccato di vita reale che tutti devono almeno conoscere. Per capire cosa c’è dietro ogni notizia, ogni articolo, ogni giornale.

  2. Io penso che andrebbero aboliti gli Ordini professionali, il problema riguarda anche i contributi minimi obbligatori INPS che molti profgessionisti giovani non riescono a sostenere. Purtroppo in Italia non siamo tutti uguali e si alimenta la discriminazione, invece di aiutare i più deboli.

    • In merito agli ordini professionali ci sono tante cose che si potrebbero dire, e spesso si tratta di argomentazioni a sfavore. Quello che credo accomuna tutti i punti di vista è che se esistono devono garantire deontologia e tutele ai propri iscritti. Se queste condizioni vacillano, il meccanismo è evidentemente inceppato. E, come dice anche lei, si accentuano le disuguaglianze a danno dei più deboli.

  3. Sono d’accordo che la discussione sugli Ordini professionali non si possa liquidare in poche batttute. Come principio però ribadisco che non devono costituire una barriera, alle persone meritevoli come lei di avere un lavoro onesto con cui guadagnarsi da vivere. In Italia in generale i percorsi per diventare liberi professionisti non sono chiari come in altre parti del mondo, ed il valore dei titoli di studio è solo nominale.

    • In Italia, in realtà, per essere considerati giornalisti di fatto conta di più avere una tessera. Quella di giornalista e quella di un qualunque partito. L’esperienza e le capacità professionali sono solo una lavanderia per i raccomandati bravini..

  4. E non parliamo delle giornaliste che decidono di mettere al mondo un figlio o che si ammalano gravemente : quelle vanno direttamente in cantina!

  5. Pingback: Benvenuto Presidente! | Pensieri strani...eri

    • Quella del Presidente è una questione di grande attualità. Ma temo che se non comincia ad esserci attenzione per i problemi dei lavoratori almeno a livello sindacale, difficilmente la voce di precari e disoccupati può raggiungere gli scranni più alti. C’è da augurarsi che almeno un paio delle sue richieste diventino realtà.

      • Certamente non è la soluzione. Quello però che simpaticamente si dice nel video che ho incluso nel mio post è che la riforma va fatta prima di tutto nelle teste di noi cittadini. Solo a quel punto, si potrà pretendere qualcosa di meglio.
        Io mi auguro per te che si realizzi ciò che ti possa portare serenità.

      • Grazie dell’augurio. E’ proprio quello che penso anch’io, che la riforma parte da noi. Per questo sostengo con forza che parlare di certi problemi è il primo passo per superarli. Parlarne chiarisce le idee, a volte confuse, di chi vive un problema. E, parlarne, scomoda chi fa finta di non conoscerle.

  6. Leggo e rifletto. Il lavoro scarseggia e come conseguenza scatena spesso delle guerre fra i poveri.fra i deboli come hai scritto. Credo che la risposta più corretta sia l’ultima ‘Alla categoria manca un ingrediente fondamentale: il senso di solidarietà.’
    Senza quella è difficile evitare che per le briciole, lasciate genorasamente (!) da qualcuno sul piatto si scatenino lotte terribili.
    Credo che quello che hai scritto sia la cartina al tornasole del nostro paese.

  7. Una riflessione molto amara che evidenzia, purtroppo, la realtà quotidiana che, nella fattispecie, non lascia spazio alcuno ai giovani giornalisti. Condivido pienamente il tuo pensiero che, come vedo dai numerosi commenti, viene condiviso in toto.
    Tieni duro e fai sempre sentire la tua voce.

  8. Dove sono ? Sto sognando o è tutto un incubo da cui mi vorrei svegliare al più presto , per potere prendere fiato . NO E’ TUTTO TERRIBILMENTE VERO ! Quali turbamenti suscitano in me le giuste considerazioni di una coraggiosa e brava giovane giornalista, che chiede il rispetto della Sua dignità di Essere Umano e come tale di giornalista !!!! Ma dall’ altra parte c’ è solo un assordante SILENZIO ! Le c.d. PERSONE PERBENE pronte a spendersi per cento e una causa di aiuto gratuito e volontario sembrano non esserci , eppure parliamo di SOLIDARIETA’ per una ITALIANA ! che chiede solo un ONESTO LAVORO RETRIBUITO ! garantito ( !) dalla ns. COSTITUZIONE !
    Ma la verita’ è che fare del bene ai nostri concittadini non crea punteggio per la classifica dei VIP , che fanno bella mostra di se
    nella ns. SOCIETA’ falsa ed ipocrita.
    Vorrei dire di piu’ , ma sono troppo indignato con questa societa
    meschina e strafottente , che vive di falsi valori (religiosi e morali) e
    che continuerà imperterrita a far finta di niente!!! Almeno fino a quando…………….!!!!!!

    • Questo grido di indignazione è emozionante… Grazie di queste parole. Bisogna destarsi dalla calda e tranquilla convinzione che la condizione di chi ci sta accanto non ci riguarda. Perché, a caduta, tutti siamo coinvolti. Vivere da individualisti è un’illusione che rischia solo di trovarci impreparati. La solidarietà, invece, fortifica il futuro anche di chi la pratica.

  9. Ciao, l’importo NON è una quota associativa, è una TASSA. L’ODG non è un organizzazione sindacale. L’ODG è un ente governativo per il controllo dei giornalisti. Per certi versi analogo alla CCIAA, ma molto più potente perché funge anche da TRIBUNALE

  10. Pingback: ODG. Giornalisti, il versamento annuale è una TASSA | Blogs | Sara Palazzotti

    • La spiegazione nozionistica chiarisce sicuramente a tutti cos’è, e cosa non è, l’Ordine dei giornalisti in Italia. Ma evidenziare che la quota d’iscrizione è una tassa e che nessuno può avere niente da pretendere si scontra con la realtà dei fatti. Ed ecco anche l’anomalia: se l’ordine prevede una riduzione della quota d’iscrizione a una categoria considerata debole, come i pensionati, resta l’evidente vergogna che un simile trattamento non venga riservato anche ad altre categorie deboli. E mi piace sottolineare un altro aspetto: che un precario o disoccupato ha una capacità di sopravvivenza economica inferiore alla media dei colleghi pensionati. E su questo non c’è enciclopedia che giustifichi.

      • Il problema è che NON dovrebbe esistere alcuna tassa per la pratica del giornalismo, che è un diritto tutelato dalla Costituzione (art.21). E, domanda: perché la Costituzione si occupa della libertà di stampa? Perché ha una funzione di importanza sociale. Se la stampa NON è libera (come non è mai stata in Italia) la libertà è in pericolo. Non è questione nozionistica, è questione GIURIDICA. L’ODG NON è un’associazione di liberi professionisti, l’ODG è un ente pubblico addetto al controllo e alla sanzione dei giornalisti. Punto. L’ordine dei giornalisti, legalmente è questo.

      • Comprendo le tue spiegazioni e concordo sul fatto che il giornalismo in Italia non è realmente libero, come la Costituzione vorrebbe. Ma, anche in questo sistema distorto delle cose, ci sono delle condizioni di tutela che funzionano a singhiozzo. Il che vuol dire che se tu, Ordine, prevedi che la quota di iscrizione è una tassa, se operi come un “tribunale (come hai scritto tu)”, non dovresti prevedere delle tutele minime per nessuno. Neanche per i pensionati della categoria, a cui invece viene concessa la riduzione della “tassa” annuale. A me sono le contraddizioni che turbano e che la dicono lunga su cosa veramente sia sempre stato l’Ordine: un tesoretto da far crescere (magari, come già avviene, prevedendo quote d’iscrizione che variano da regione a regione, stranamente in base alla popolazione degli iscritti: più iscritti=quota lievemente più bassa – meno iscritti=quota più alta). E’ quando non c’è attenzione per i colleghi in difficoltà, quando le tutele vanno solo in alcune direzioni, quando si dispensano solidarietà e riflettori su problemi della categoria solo per vederseli puntare poi addosso e mettersi in bella mostra …in questi casi non c’è Costituzione, né libertà di stampa, né tanto meno da discutere sull’esistenza in sé dell’Ordine.

      • Sinceramente, che i pensionati paghino una tassa ridotta, mi pare l’ultimo dei problemi. Il problema è che l’ODG è incostituzionale e deve essere abolito. Non deve esistere alcun registro e alcuna tassa di concessione governativa

      • Io, in questo caso, mi attengo allo stato delle cose. E ribadisco cosa non va per me e molti altri. Dipende dalla condizione in cui ci si trova la direzione in cui si punta il dito.

  11. Carissima Sara, concordo con lei che quello che si versa ai vari ordini professionali sia una tassa e non una quota associativa ma dire che gli ordini professionali non devono tutelare, mi perdoni la franchezza, è una vera stupidaggine.
    Gli ordini professionali nascono con lo scopo di tutelare utenti e iscritti, anzi è il loro scopo principale. A tal proposito le cito una fonte, forse non importante come wikipedia, che si chiama legge italiana:
    “(da Legge 1395/23 art 5 comma 4)
    […] vigila alla tutela dell’esercizio professionale, e alla conservazione del decoro dell’Ordine, reprimendo gli abusi e le mancanze di cui gli iscritti si rendessero colpevoli nell’esercizio della professione […]”
    Quindi è la legge che parla di tutela non gli iscritti.
    In più, l’essere tribunale, giusto o sbagliato che sia, serve a tutelare tutti gli iscritti che si comportano secondo le regole.

    Inoltre, la signora Anna mette in evidenza la difficoltà di essere giornalisti (io aggiungerei professionisti) precari, in un mondo in cui i diritti sono garantiti ai soggetti più forti e non a tutti come dovrebbe essere.

    • Grazie del contributo, Davide. E’ evidente che ci sono tante contraddizioni, su cui si dovrebbe intervenire. E per farlo basterebbe, con la dovuta trasparenza, fare chiarezza sul perché di certe scelte interne agli Ordini. Ad esempio, se la quota d’iscrizione è una tassa come tale si dovrebbe adeguare al reddito di ogni iscritto. Oppure, fissando una cifra unica che varia solo da regione a regione (come avviene adesso), la si potrebbe quantificare facendo una stima degli stipendi medi dei colleghi di ogni singola regione. Non mi voglio sostituire a nessuno, ma c’è un dato indiscutibile su cui urge un intervento, ed è la disparità anche economica tra colleghi nell’Ordine.

  12. è un mondo che conosco da vicino ma amo poco, l’ordine dei giornalisti è una sorta di casta tipicamente Italiana, ovviamente politicizzata e altrettanto ovviamente locomotiva di aberrazioni più o meno significative

    consentimi di spezzare una lancia nei confronti di alcune “anomalie”. Molti giovani giornalisti sono costretti ad affrontare interminabili gavette mal pagate, questo è vero, tuttavia spesso questi sacrifici vengono compensati a fine carriera. Come dire, la gloria arriva tardi ma dura a lungo.

    • Concordo con te. Però chi lavora non può, e non deve, pensare solo alla gloria ma anche a portare qualcosa in tavola a pranzo/cena. Senza le condizioni necessarie di partenza si nega, a tanti, la possibilità anche solo di arrivare a fine carriera…

    • Tads, se è come dici, significa che il premio arriva per chi è servile?
      Come disse Luigi Einaudi: ““Albi di giornalisti! Idea da pedanti, da falsi professori, da giornalisti mancati, da gente vogliosa di impedire altrui di pensare colla propria testa. Giornalisti sono tutti coloro che hanno qualcosa da dire o che semplicemente sentono di poter dire meglio o presentar meglio la stessa idea che gli altri dicono o presentano male…Giudice della dignità o indegnità del giornalista non può essere il giornalista, neppure se eletto membro del consiglio dell’ordine od altrimenti chiamato a dar sentenza sui colleghi…In una professione della quale tutti possono essere chiamati a far parte per una ora o per un anno o per tutta la vita…nella quale sono sempre vissuti, gli uni accanto agli altri, imbrattacarte e grandi pubblicisti, …che cosa significa un tribunale di pari? Null’altro che uno strumento fazioso per impedire agli avversari, agli antipatici, ai giovani, agli sconosciuti l’espressione libera del pensiero…Ammettere il principio dell’albo obbligatorio sarebbe un risuscitare i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti”.”

      • non capisco perché ti rivolgi a me, sono decenni che critico l’ordine dei giornalisti

        non ho nemmeno mai detto che debbano essere premiati i servili, ho detto l’esatto contrario, è un mestiere che premia l’impegno e la gavetta, cioè, così dovrebbe essere, così era una volta. Oggi fare il giornalista è un mestiere trendy, ci provano in milioni ma ci riescono in pochi e non sempre per bravura. probabilmente da questo punto di vista i “servili” e gli “accondiscendenti” hanno un asso in più

        i tempi sono cambiati, il giornalismo è totalmente diverso dai tempi e dalla scuola di Einaudi, nell’era contemporanea sono vincenti i giornalisti d’assalto privi di ogni etica. Anche l’informazione Italiana si è americanizzata, conta solo lo scoop e/o il mulino del padrone editore al quale portare acqua senza se e senza ma.

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